domenica 7 marzo 2010

L'Accalappiacani

Questa potrebbe essere la classica storia di fantasmi, come quelle che ci si racconta da ragazzini per spaventarsi un po'. Una di quelle storie a cui si sono ispirati la letteratura e il cinema per realizzare i loro capolavori. Di solito queste storie sono ambientate nella nebbiosa Inghilterra, dove le cupe magioni vittoriane in stile neogotico sembrano fatte apposta per ospitare oscure presenze. La nostra storia invece è ambientata nell'assolato meridione italiano, in un paese della Lucania abbarbicato su un colle, un paese come tanti di quella regione, dove la vita scorre tranquilla e monotona.
Calenzano, all'epoca, era un paese che offriva poche opportunità, e molta gente andava altrove a cercare lavoro. In paese vi erano pochi negozi, molte vie di notte non erano illuminate e gli abitanti, bene o male, si conoscevano tutti tra di loro. Le poche persone con un minimo di studi alle spalle erano molto stimate in un paese dove la maggior parte degli abitanti non aveva neppure finito le elementari. Chi era fortunato riusciva a trovare un lavoro per il comune, come portalettere o magari come accalappiacani, come Michele, il protagonista di questa storia.
I cani randagi erano un problema abbastanza serio a Calenzano, in quanto si muovevano in branchi più o meno numerosi per il paese, alla ricerca del cibo come i lupi loro antenati, con la grossa differenza che non avevano paura dell'uomo. Infatti era capitato più volte che qualcuno venisse morso e rischiasse di contrarre la rabbia.
Una notte Michele si trovò a svolgere il suo lavoro assieme ai colleghi, alla ricerca di un branco di cani che imperversava nella parte bassa del paese, al limitare dei campi agricoli. Armati di torcia elettrica e un bastone con una specie di cappio a un'estremità, per bloccare e catturare gli animali più aggressivi, avevano seguito le tracce del branco negli stretti vicoli bui, fino a perderle ad un quadrivio. Incerti sul da farsi, decisero di aspettare li per alcuni minuti. A Michele parve di sentire dei rumori provenienti da un vicolo che scendeva verso la campagna con una ripida scalinata, e decise di andare a controllare, chiedendo ai colleghi di rimanere sul posto.
Michele si addentro' nel vicolo facendosi luce con la torcia elettrica, seguendo dei rumori che dovevano essere provocati dai cani randagi. Man mano che si addentrava nel vicolo i passi si facevano sentire sempre più chiaramente, ed improvvisamente Michele vide la sagoma di una cane muoversi giù per la scalinata, fino a imboccare un piccolo sentiero laterale. Il randagio doveva essersi accorto di lui, e stava cercando di fuggire fuori dal paese. Michele provò a rincorrerlo per il sentiero, ma a causa del buio inciampò e cadde, rotolando per qualche metro. La torcia elettrica, sbattendo per terra, forse si ruppe, spegnendosi e lasciandolo nell'oscurità più completa. Michele si rialzò ammaccato, fortunatamente non si era rotto nulla, ma al buio non vedeva che a un palmo dal proprio naso. Appoggiandosi al suo bastone cercò di risalire verso il paese, di cui vedeva qualche finestra illuminata.
D'un tratto sentì una folata d'aria fredda, che lo fece rabbrividire: era strano sentire così freddo in una sera di fine estate! E la cosa strana era che il freddo non accennava a diminuire, tanto che pochi attimi dopo vide il suo respiro condensarsi in vapore, come d'inverno. La cosa lo stupì non poco, ma non ebbe neppure il tempo di pensarci su, perché presto sopravvenne la sgradevole sensazione che qualcuno o qualcosa lo stesse osservando. Si voltò istintivamente, e sussultò nel notare una figura umana ferma immobile che stava guardando verso di lui. Michele stava quasi per ricomporsi quando provò il più completo terrore riconoscendo nel volto della misteriosa figura le fattezze del suo amico Alfonso, morto in un incidente stradale da alcuni mesi!
Michele ebbe il coraggio sufficiente per parlare allo spettro, con parole che possono sembrare beffarde, quasi comiche, ma che per chi ha vissuto la vicenda in prima persona non lo sono affatto: “Alfonso, ma cosa ci fai qui?Tu eri morto...” al che lo spettro, come in risposta, fece un'orribile smorfia, come a voler mimare il volto stesso della morte...Questo fu troppo per il povero accalappiacani, già abbastanza sconvolto: Michele svenne di paura, e venne trovato poco dopo dai suoi colleghi, che erano venuti a cercarlo. Quando lo trovarono quasi non lo riconobbero, poiché Michele aveva sempre avuto una chioma nerissima, ma la persona svenuta in quel vicolo aveva tutti i capelli bianchi! Al suo risveglio non c'era più traccia di Alfonso, ne si sentiva più il misterioso freddo, i colleghi gli chiesero cosa fosse successo, ma lui non volle raccontare subito tutta la storia per non essere preso per matto. L'unica cosa che fu chiara era che aveva subito un forte spavento. Solo in seguito, quando si riprese dalla terribile esperienza e fu in grado di articolare i suoi pensieri, decise di raccontare ad alcune persone fidate la sua storia, facendo loro giurare che non l'avrebbero preso per matto.
Fatto sta che qualche notizia deve essere trapelata, se questa storia è giunta anche alle mie orecchie. Pare che per qualche tempo a Calenzano, molti colleghi di Michele abbiano evitato di inseguire i cani di notte per le ripide stradine buie...