martedì 4 giugno 2019

La tutela dell'ambiente e i suoi effetti pratici - Il caso della roggia Vettabbia

La difesa dell'ambiente e la riduzione dell'inquinamento sono argomenti ampiamente trattati dai media ogni santo giorno, tant'è che a sentir ripetere sempre gli stessi concetti e le stesse parole d'ordine ci si infastidisce pure. Adesso poi i media impazziscono per Greta Thunberg e i suoi continui ammonimenti sul cambiamento climatico in corso, bombardandoci di ulteriori informazioni, in genere in chiave catastrofista, su questo fenomeno.
Vista così la cultura ambientalista appare all'uomo della strada come una delle solite scuse per obbligarlo a pagare oneri aggiuntivi quando utilizza l'auto, o a catalogare scrupolosamente in base al materiale ogni rifiuto che deve buttare. Una cultura che magari può sembrare più adeguata allo stile di vita di star holliwoodiane ricche e annoiate, piuttosto che a quello di chi lotta ogni giorno per trovare parcheggio e arrivare in orario al lavoro.
In Italia si è incominciato ad essere sensibili verso questo tema verso gli anni '70 e io, che sono nato nel 1979, appartengo a una generazione che è stata sensibilizzata verso il tema della difesa dell'ambiente sin dalla più tenera età.
Mi ricordo abbastanza bene com'erano le abitudini a quei tempi, in fondo neanche troppo lontani: molti buttavano le immondizie direttamente per terra, noncuranti dei cestini (che erano più scarsi e si riempivano subito fino all'orlo), gente che aspettava in macchina tenendo il motore sempre acceso, la benzina rossa che conteneva piombo, corsi d'acqua cittadini che erano poco differenti da fogne a cielo aperto. Se penso a tutto ciò, mi accorgo che un po' di abitudini sono cambiate in meglio, ma qual è poi l'effetto sull'ambiente in generale?
Ho sempre abitato in un quartiere periferico nella parte sud di Milano, il Vigentino, situato ai confini tra città e campagna. Non si tratta di un "quartiere dormitorio", come molti di quelli sorti nel dopoguerra, ma di un quartiere che, sebbene a prima vista possa sembrare anonimo, ha una storia plurisecolare.
Il suo territorio è attraversato dalla Roggia Vettabbia, un canale navigabile di origine antichissima che faceva parte delle vie d'acqua un tempo utilizzate per il trasporto delle merci, caratterizzanti il paesaggio di Milano fino al loro progressivo interramento, avvenuto nel corso del XX secolo. La Vettabbia si origina dalla cerchia dei navigli e scende verso sud, attraversando i quartieri di Morivione e Vigentino, dove gran parte del suo percorso è ancora a cielo aperto. Di questo corso d'acqua ho potuto osservare, nel corso degli anni, il progressivo cambiamento delle condizioni ambientali, che vorrei prendere a dimostrazione pratica degli effetti della cultura ecologista (e di tutti gli annessi e connessi) sull'ambiente che ci circonda. Aggiungerò anche alcune immagini per rendere il tutto più evidente.
Il corso della Vettabbia è stato oggetto di inquinamento con sversamenti da parte delle vicine industrie e abitazioni, tant'è fino ai primi anni 2000 era un corso d'acqua color marroncino e dall'odore terribile (foto n.1). La fauna lungo il suo percorso era rappresentata da poche anatre coraggiose, molti gabbiani che si radunavano nei pressi dello stabilimento Sandoz (l'attuale Mipharm) e gli immancabili topi di fogna. Con la fine degli sversamenti e la messa in funzione del depuratore di Nosedo nel 2003 le cose sono iniziate a migliorare. Per prima cosa si è assistito al cambiamento del colore delle acque, dal marroncino al quasi trasparente. Il letto e le rive della roggia erano pieni di rifiuti di ogni sorta, dai sacchetti di plastica a resti di oggetti non meglio identificati, a testimoniare che per diversi anni il corso d'acqua era stato usato in tutto e per tutto come una discarica. Soltanto un lieve miglioramento quindi, ma sufficiente a convincere un maggior numero di anatre a popolare il corso d'acqua, attratte dal prosperare delle piante acquatiche (foto 2 e 3). In compenso se ne andarono i gabbiani, che erano attratti invece proprio dai rifiuti organici provenienti dagli sversamenti fognari.
Prima che la qualità dell'acqua tornasse a livelli tollerabili per la vita acquatica ci vollero alcuni anni, prima sono arrivate le rane e poi, verso il 2008/2009, sono comparsi i pesci, che attualmente popolano in gran numero la roggia. Al momento la fauna ittica è costituita prevalentemente da cavedani (foto n.4), pesci che resistono molto bene all'inquinamento. Si può pertanto ipotizzare che la qualità dell'acqua non sia ancora a livelli ottimali, considerato anche il collegamento della Vettabbia con altri corsi d'acqua della cerchia dei navigli, nei quali è presente una fauna ittica molto più varia.
I topi di fogna sono spariti, mentre è comparso un altro mammifero acquatico, d'importazione stavolta: la nutria.  Sebbene a molti non stia simpatica, ha il pregio di non diffondere malattie come il precedente inquilino. Alle anatre, tutte della specie germano reale, si sono aggiunte alcune gallinelle d'acqua (foto n.5) e, da poco tempo, il corso d'acqua viene visitato da alcuni aironi cenerini e altri uccelli affini, come la garzetta (foto n.6 e 7), uccelli di buone dimensioni e appariscenti, che attirano l'attenzione dei passanti. Nel complesso il corso d'acqua appare in via di continuo miglioramento, tant'è che lungo il suo corso urbano sono stati costruiti parchi e nuovi complessi residenziali. Oltrtepassato il quartiere del Vigentino, la roggia attraversa un'area ancora rurale molto più ricca di flora e fauna, attorno alla quale è stato istituito il Parco della Vettabbia (foto n.8), un posto ideale per fare una passeggiata nel verde a poca distanza dalla città.
Le cose sembrano quindi cambiate in meglio, almeno se osservate dal mio punto di vista: passando oggi vicino alla Vettabbia, vedo uno scorcio di natura inserito nell'ambiente urbano, dove ai "bei vecchi tempi" c'era invece solo una fogna.

Foto 1: la roggia Vettabbia nel 1990: acqua sporca e rifiuti sulle sponde

Foto 2: le piante acquatiche hanno ripreso a prosperare

Foto 3: famiglia di anatre 

Foto 4: il cavedano è la specie di pesce più diffusa nella roggia

Foto 5: gallinella d'acqua
Foto 6: airone cenerino nei pressi dello stabilimento Mipharm

Foto 7: una garzetta perlustra le acque in attesa della preda

Foto 8: laghetto nei pressi del depuratore di Nosedo, nel Parco della Vettabbia





lunedì 15 aprile 2019

Le immagini da cartolina e la ricerca del relax

Nelle immagini delle cartoline o dei poster che sponsorizzano le maggiori mete turistiche, vediamo quasi sempre paesaggi stupendi privi di presenza umana, ad eccezione dell'eventuale coppia (unica a godersi una spiaggia paradisiaca) o della classica fanciulla ripresa di schiena mentre contempla il paesaggio. La situazione è pressoché identica sui social network, per esempio su instagram, dove è facilissimo incappare in immagini come quelle appena descritte. Ovviamente, se ci si reca in loco, la situazione è ben diversa: nelle destinazioni più rinomate la presenza umana dei visitatori è un flusso costante e ingombrante, tant'è che volendo cimentarsi nella realizzazione di una foto "da cartolina", è praticamente impossibile riuscirvi senza ricorrere a tecniche professionali e/o al fotomontaggio per far scomparire le persone.
Nel vedere queste immagini, mi si è fatto strada un dubbio: non sarà che il turista medio, cittadino imbruttito dai ritmi frenetici del suo ambiente, nello scegliere la meta della propria vacanza risponde inconsciamente alla necessità di isolarsi, per cercare un'introvabile pace interiore? Se dovesse essere questa la motivazione principale nella scelta di un determinato luogo, si spiegherebbe il perché delle immagini irreali che vengono propinate dalla pubblicità.
Sarebbe interessante proporre al potenziale turista delle foto degli stessi posti scattate da altri turisti, e osservare se e come cambino le destinazioni scelte.
In fin dei conti i primi turisti (pochi fortunati) si spingevano in luoghi per loro remoti, nei quali era anche possibile trovare le condizioni illustrate sulle immagini promozionali. Forse proprio pensando al turismo degli esordi, quando si va in vacanza ci si aspetta inconsciamente di essere i soli a visitare quel posto in quel momento...ma non è così!
Ad ogni modo, non è forse un errore pensare alle vacanze come un momento per cercare la pace interiore? Troppe altre cose vengono messe all'ordine del giorno nell'organizzare un viaggio o una gita: si va dalle beghe familiari (gestione figli ecc.) alla scelta dell'alloggio, facendo compromessi tra qualità ed economia. Poi arriva il grande giorno e ci si ritrova nel posto dove si voleva andare, senza essere mentalmente preparati per apprezzarlo del tutto.
La ricerca del relax perfetto è una cosa molto complicata da portare a termine, personalmente credo di essere riuscito a raggiungerlo solo poche volte nella vita: i posti dove lo si  trova raramente sono mete del turismo di massa,  più spesso sono luoghi semisconosciuti dove si arriva per puro caso, spinti dalla voglia di esplorare o perché, per un qualunque motivo, non ci si può recare nel solito luogo di vacanza.
Il posto ideale può comportare un viaggio più o meno lungo per essere raggiunto, ma può anche essere un bar appartato, a pochi passi da casa propria, dove godersi in pace il caffè del mattino. Magari in quel momento la clientela è scarsa e, per coincidenza, la radio trasmette una canzone che ci piace: ecco il momento perfetto.
Ad ogni modo vi sono ancora dei posti, anche abbastanza vicini, dove è possibile provare la sensazione di "splendido isolamento", di sentirsi da soli in mezzo alla natura: le nostre montagne per esempio, nelle quali è possibile percorrere dei sentieri con panorami mozzafiato. Bisogna solo armarsi di buona volontà e buone gambe per affrontare i dislivelli. E magari, raggiunta la meta (che non necessariamente deve essere la vetta della montagna), ci si riposa contemplando il paesaggio distante. In questa situazione si raggiunge l'obiettivo di "staccare" dalla routine quotidiana, svuotando la testa dai pensieri assillanti. Questi posti raramente vengono sponsorizzati, ma chi li conosce e li apprezza passa l'informazione agli altri attraverso il passaparola vecchio stile.
Il relax e la pace interiore non sono insomma legati al fatto di trovarsi in un posto "da favola". Ognuno ha la necessità di cercare individualmente il proprio posto speciale dove ritrovare se stesso e la forza di ritornare ad affrontare il mondo.

















martedì 2 aprile 2019

La nuova cucina italiana: insalata multietnica

Eccoci finalmente di fronte a una ricetta moderna, ben conosciuta da chi ogni giorno è costretto a subire i ritmi della vita nelle grandi metropoli, pur non apprezzandone l'incontenibile dinamismo. Si tratta di una ricetta davvero frizzante e variegata, che saprà animare la tranquilla vita di un provinciale suburbio.

Ingredienti per un numero variabile di persone:
10-100-1000 immigrati sparsi, di ogni faccia e ogni razza;
un mezzo d'informazione, più o meno tecnologico;
un pizzico di timore;
una bella manciata di xenofobia;
uno o più abili demagoghi;
un tranquillo suburbio da rimestare.

Preparazione:
La vita in una cittadina di provincia certe volte può essere sempre la solita minestra. E' il momento di gettare nel calderone un bella manciata di esotismo, lasciando liberi di scorrazzare nel suburbio immigrati provenienti da terre lontane, con variopinte e incomprensibili tradizioni. I cittadini autoctoni resteranno per un po' senza sapere che pesci pigliare: è questo il momento giusto per gettare il timore e la xenofobia, mescolando il tutto per qualche giorno. Ora vedremo che gli autoctoni avranno perso gran parte della loro apatia, alcuni di loro anzi saranno in preda alla frenesia. Ma per la nostra ricetta bisogna andare oltre, potenziando l'effetto del nostro condimento con l'utilizzo del mezzo d'informazione per rendere edotti i bravi cittadini su ogni esuberanza commessa dagli immigrati e gettando pezzi di discorso di qualche bravo demagogo. Vedremo finalmente i nostro bravi cittadini darsi da fare, armarsi e incappucciarsi anche. Dopo una o due rimestate la nostra insalata e pronta per essere servita








giovedì 21 marzo 2019

Perchè l'Europa?

Negli ultimi anni l'idea di unità europea è stata oggetto di numerose critiche, che si sono accanite particolarmente contro alcuni dei risultati a cui quest'idea ha portato: integrazione economica, moneta unica, nessuna barriera al traffico di merci e persone.
Numerosi movimenti popolari hanno messo in atto proteste contro queste cose, viste di volta in volta come dannose per la società e le economie nazionali o addirittura come il frutto di un complotto della Banca Centrale Europea, un organizzazione additata come simbolo delle oligarchie che governano l'Europa.
Queste proteste hanno portato come risultato più evidente alla vittoria degli antieuropeisti nel referendum per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, la famosa Brexit.
Ma l'influenza del pensiero antieuropeo non si ferma a questo: rimasto recluso per lungo tempo in partitini e movimenti di nicchia negli anni dei trionfi europeisti, ora che ha ottenuto visibilità e sostegno cerca di portare la sua influenza in ogni ambito. Gli antieuropeisti vengono agevolati nella loro ascesa proprio dalle scelte di politica economica dell'Unione Europa, le quali tendono a essere intrinsecamente impopolari o peggio, antipopolari: questo perché chi le decide parte dall'idea errata che l'unione economica sia già un dato di fatto;
In realtà la costruzione di un economia comune è a mio parere appena cominciata: vi sono molti ambiti, in primis il settore agricolo, dove l'unione economica è tutt'altro che raggiunta. In alcune situazioni le controverse normative comunitarie hanno danneggiato le produzioni locali, ponendo severe limitazioni, mentre in altrettanti casi le stesse normative hanno favorito l'invasione dei mercati da parte di prodotti dal basso livello qualitativo.
Mi vengono in mente le infami quote latte, che portarono gli agricoltori a inscenare proteste dove il latte veniva gettato per strada. Tanto spreco di prodotti in un mondo che, per buona parte, muore ancora di fame.
Come norma europea, quella di porre limiti alle produzioni locali è emblematica per dimostrare come l'Unione sia ancora fondata sugli equilibri di forza tra le varie nazioni al suo interno, piuttosto che dall'idea di ottenere benefici per tutti: ciascun paese è interessato a tutelare le sue produzioni a danno di quelle degli altri e, in base a quanto è forte a livello comunitario, riesce a strappare norme più o meno favorevoli.
E' facile immaginare che nel settore agricolo non abbondino i sostenitori dell'Unione.
Se si guarda la storia recente dell'Unione Europea, si intravedono due grandi trionfi seguiti da quello che sembra un inesorabile declino. Il primo grande momento storico è la nascita della moneta unica: l'Euro, progetto che era in cantiere da molto tempo prima della sua nascita ufficiale nel 1999. Già negli ultimi decenni della guerra fredda infatti, quando l'Europa era ancora divisa in due, si era ipotizzata una valuta comune di riferimento per redigere i bilanci dell'allora Comunità Europea. L'idea era stata implementata e aveva trovato realizzazione in quella che era stata denominata ECU (european curency unit), unità di conto che era basata sulla media ponderata delle valute nazionali dei paesi membri. Col tempo l'ECU divenne una vera e propria valuta, destinata dal Trattato di Maastricht del 1993 a sostituire le singole valute nazionali. Il che avvenne puntualmente nel 1999, con la fissazione dei tassi di cambio e l'istituzione dell'Euro. Caso molto strano per una moneta nata anche con lo scopo di tenere sotto controllo l'inflazione, appena dopo la sua introduzione si è assistito a un generalizzato aumento dei prezzi, a seguito di "arrotondamenti" un po' arbitrari. Tuttavia il successo dell'Euro sul piano internazionale è innegabile, tant'è che in molti paesi fa concorrenza al dollaro come valuta pregiata per le grosse transazioni. La stabilità della moneta è garantita dagli organi di controllo che impongono severe limitazioni alle scelte di politica economica degli stati membri, problema che emergerà pochi anni dopo con la crisi economica del 2008, quando queste limitazioni appariranno estremamente punitive verso alcuni paesi, rallentandone di fatto la crescita. Guardando la storia della moneta unica, sembra quasi di vedere la storia di quelle iniziative a cui tutti aderiscono con idealistico entusiasmo, senza star troppo a pensarci su, salvo poi tirarsi indietro e lasciare che l'impresa venga guidata da altri.
Altro grande caposaldo dell'Unione Europea è stato il suo allargamento progressivo verso i paesi dell'ex blocco orientale. Nel corso della storia vi furono diverse nuove adesioni agli organismi comunitari, ma le più controverse furono quelle del 2004 e del 2007, che portarono all'adesione in blocco di diversi nuovi paesi: Repubblica Ceca, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Slovenia, Malta, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania e Bulgaria. Fu un traguardo storico in particolare per gli stati che avevano fatto parte dell'ex Patto di Varsavia, che vedevano nell'adesione all'Unione Europea un simbolo della loro nuova identità politica.
Tuttavia la situazione economica di questi paesi era destinata ad avere un impatto non indifferente sui vecchi membri: costi di produzione e del lavoro più bassi hanno dato vita a una feroce concorrenza interna, che ha visto diverse grandi aziende chiudere per spostare i loro stabilimenti nei nuovi membri dell'Unione, con pesanti conseguenze sui livelli di disoccupazione dei paesi con i costi di produzione più alti.
Questi fattori negativi, combinati con una situazione economica mondiale non certo favorevole, hanno influito sui livelli di euroscetticismo, portando voti ai movimenti antieuropeisti di impronta nazionalistica. Altri movimenti, pur non dichiarandosi contrari all'Unione, ne hanno criticato le scelte di politica economica. Il culmine della crisi lo si è avuto a causa di influenze esterne, con l'ondata di immigrazione clandestina che ha avuto origine dalla destabilizzazione del mondo arabo, in particolare a causa delle guerre in Libia e in Siria. L'impossibilità di gestire il fenomeno da parte dei singoli governi ha portato a un miserevole rimpallo di responsabilità fra un paese membro e l'altro. Intanto la gente, alla vista di questa masnada di disperati, ha iniziato a credere a chi gridava all'invasione, vale a dire gli stessi movimenti nazionalisti antieuropeisti di cui si è parlato prima, facendone lievitare ancora di più i voti e portandoli in alcuni casi al governo.
Il colpo finale (forse?) lo ha dato l'uscita del Regno Unito, un paese che, pur avendo sempre avuto una partecipazione poco convinta alle istituzioni europee, negli ultimi decenni sembrava essere sulla strada verso una partecipazione sempre più attiva.

Dopo aver fatto queste premesse, vorrei esprimere il mio punto di vista sull'Europa, e sui motivi per i quali, a mio parere, dovremmo partecipare ancora di più alla sua costruzione. Visti i punti negativi che ho elencato, sembra quasi un controsenso sostenere l'idea dell'unità europea, ma esaminare gli errori è assolutamente necessario per far ripartire un buon progetto che  incontra delle difficoltà nella sua realizzazione.
Guardando alla scena politica mondiale, si nota che esistono solo tre grandi paesi che possono permettersi di fare oggigiorno quello che viene sostenuto nei progetti politici dei "sovranisti": Stati Uniti, Russia e Cina. Questi paesi costituiscono le più grandi economie mondiali, oltre ad essere le prime potenze militari, dotate di armamenti nucleari. Hanno in pratica la forza politica, economica e militare per fare quello che vogliono sul piano internazionale. E lo fanno.
I paesi europei, pur collocandosi nelle statistiche economiche mondiali appena sotto alle superpotenze, non hanno in realtà lo stesso impatto di queste sulla scena internazionale. Se l'Italia uscisse dall'Unione Europea e decidesse di "fare a modo suo", potrebbe fare in realtà molto poco. I paesi europei risentono anch'essi dell'influenza che viene esercitata da Stati Uniti, Russia e Cina. Quando il presidente degli Stati Uniti decide di applicare sanzioni economiche contro un altro paese, quasi sempre i paesi europei si accodano, anche quando questo va contro ai loro interessi economici verso il paese colpito. Non possono rischiare di fare uno sgarbo verso gli Stati Uniti, perché questo comporterebbe svantaggi più grossi. 
Essere un soggetto più grande, più forte e più influente sulla scena internazionale, presenta indubbiamente il vantaggio di una maggiore indipendenza dalle scelte altrui. Uno degli scopi dell'integrazione europea è appunto questo, la creazione di una grande entità politica in grado di esercitare un ruolo più importante e autonomo in tutti gli ambiti di politica internazionale. Questo progetto è la nemesi dei nazionalisti, contrari a ogni tipo di limitazione delle prerogative degli stati nazionali, ma bisogna constatare che nel nostro continente il nazionalismo e l'idea di stato nazionale, pur avendo in passato (secoli XIX e XX) accompagnato la modernizzazione e il progresso dei nostri paesi, hanno ormai esaurito il loro compito storico e debbono essere necessariamente sostituite dal punto di vista ideologico e politico, con la ridefinizione dell'idea di "patria" e la creazione del famoso "superstato".
Un governo unico europeo potrebbe tutelarci meglio, per esempio, dalla concorrenza economica della Cina, applicando dazi o trovando accordi commerciali migliori grazie al fatto di rappresentare da solo tutto il mercato europeo. Le aziende europee, soprattutto  quelle legate al mercato interno, ne avrebbero dei vantaggi immediati, così come l'occupazione.
Le differenze di condizioni economiche tra i paesi membri dell'Unione verrebbero appianate grazie a una giurisprudenza omologata, con delle tipologie contrattuali universali a cui fare riferimento per la tutela dei lavoratori.
Con un governo europeo, si avrebbero dei rappresentanti eletti per prendere le decisioni che ci riguardano e questo, pur con tutti i limiti della democrazia rappresentativa, sarebbe estremamente meglio di quel che avviene adesso, con le scelte di politica economica delegate a consigli di tecnici che non devono rendere conto all'opinione pubblica.
Un governo unico forse non riuscirebbe a contrastare l'attuale esodo degli immigrati, ma sicuramente avrebbe maggior efficacia nell'impedire o limitare futuri problemi di instabilità nei paesi vicini all'Europa, causa principale delle ondate migratorie. 

In un mondo dominato dai giganti, queste sono solo alcune delle motivazioni per cui va continuato il percorso verso una vera Unione Europea. Abbandonare il progetto e pensare che sia meglio restare piccoli, per quanto nel breve periodo possa sembrare una scelta volta a tutelare la nostra indipendenza, a lungo andare finirebbe per farcela perdere del tutto.   












  

mercoledì 13 marzo 2019

La nuova cucina italiana: tenerone cotto a puntino

Questa è una ricetta di origine antichissima, che fa parte del bagaglio di conoscenze culinarie standard di ogni donna che si rispetti: tramandata di madre in figlia, si tratta di una ricetta semplicissima ma dall'effetto assicurato. Gli amici del tenerone ringraziano...

Ingredienti:
1 tenerone*,
1 donna,
un pizzico di seduzione,
una dose di melodramma,
tanto fumo e poco arrosto.

Il segreto per l'ottimale cottura del tenerone consiste nell'abile dosaggio tra l'apparente presenza e disponibilità della donna e il suo negarsi. La nostra abile cuoca dovrà cercare il tenerone per scaricargli addosso i suoi patemi esistenziali, le sue storiacce con l'ex o qualsiasi altra cosa le venga in mente, allontanandosi poi da lui una volta che sarà riuscita a suscitarne l'interesse. La cottura prende dei tempi piuttosto lunghi, si va da qualche mese ad alcuni anni. Il tenerone infatti è famoso per la sua virtù di continuare a cuocere senza mai arrivare al punto di bruciarsi del tutto. Alcune cuoche smaliziate addirittura lo cuociono per mesi interi, interrompono poi il procedimento per concedersi un po' di svago e, nel tornare dal nostro tenerone per riprenderlo a cuocere, scoprono che questo ha incredibilmente conservato quasi del tutto il grado di cottura raggiunto in precedenza. Pertanto una piccola scaldatina sarà sufficiente per farlo tornare cotto a puntino. In effetti consigliamo a ogni giovane donna di dedicare un po' di tempo a questa ricetta: un tenerone ben cotto a portata di mano potrà risolverle numerosi problemi, rendendola ad esempio indipendente dagli orari dei mezzi pubblici (se automunito), oppure concorrendo, con la sua generosità, al risparmio mensile senza dover per forza rinunciare alle cenette nei ristoranti di grido. Il tenerone inoltre può inoltre sostituire telefonicamente l'amica del cuore qualora questa dovesse fidanzarsi.

*Il tenerone è un incredibile animale da compagnia di sesso maschile, noto anche come "ragazzo prete". Esso è naturalmente portato a offrire la sua compagnia e il suo conforto a ogni donna che vorrà usufruirne, in special modo se questa è giovane e/o di bell'aspetto. Secondo alcune teorie sarebbe da sfatare il mito dell tenerone completamente asessuato e inoffensivo. I ricercatori della LUM (Libera Università del Massaciuccoli) addirittura sostengono che la generosità del tenerone sia tutto fuorchè disinteressata, essendo piuttosto mirata a conquistare le attenzioni femminili. Si tratta tuttavia di teorie ancora da provare, resta il fatto che come metodo di seduzione sembra del tutto inefficace. 


 


martedì 5 marzo 2019

Sintesi e storie a puntate

Da diversi anni in televisione è stato decretato il successo delle storie a puntate: ricordo ancora, all'inizio degli anni '90, quando mi cimentai nella visione di "Twin Peaks", famosa serie televisiva impostata secondo lo schema che attualmente prevale, vale a dire quello che ti impone di seguire tutte le puntate se vuoi capirci qualcosa! Quella visione, giunta al termine, mi lascio perplesso e con l'amaro in bocca, dato che il finale lasciava troppi interrogativi aperti. Ma forse il problema era solo mio, perché risentivo ancora del modello delle serie televisive della mia infanzia, in cui ogni puntata era indipendente. Se ti perdevi un episodio di A-Team, di norma potevi tranquillamente vedere il successivo, del tutto svincolato dal precedente, mentre nelle serie televisive contemporanee il modello è un po' quello della telenovela: una storia principale, con magari alcune storie secondarie, che si sviluppano su più puntate. Questo schema sembra essere il preferito dalla maggior parte del pubblico, tant'è che si possono vedere le trasposizioni in serie TV di diversi romanzi e di film: in quest'ultimo caso, si può assistere alla trasposizione in serie quasi istantanea, a un anno o poco più dall'uscita del film. Mi vengono in mente grandi produzioni italiane degli ultimi anni quali Gomorra, Romanzo Criminale o Suburra, tutti film di un certo spessore seguiti da omonime serie televisive che in termini di pubblico hanno riscosso senz'altro maggior successo. Esistono diversi canali a pagamento specializzati esclusivamente in serie a puntate, avere l'abbonamento a uno di questi è ormai una scelta di gran parte del pubblico amante del genere. Personalmente la serie televisiva è un tipo di programma che non mi entusiasma, posso dire di averne viste ben poche: dopo i primi minuti, il mio livello di attenzione cala drasticamente. Sono storie che si svolgono con un ritmo troppo lento per i miei gusti. D'altra parte anche nelle letture ho sempre avuto un debole per le storie brevi rispetto ai romanzi troppo lunghi con vari intrecci. Sono pronto a riconoscere la validità di una storia, anche molto complessa, se la trama regge, ma nel corso delle mie esperienze personali (scrivo racconti per hobby) ho trovato più situazioni in cui aggiungere troppo indebolisce la trama rispetto al caso contrario.
Ho notato d'altra parte in molte persone un certo gusto per la prolissità e per il dettaglio, un gusto così diffuso da farmi credere che la mia passione per la sintesi sia del tutto minoritaria. Questi aspetti contrapposti potrebbero essere interessanti dal punto di vista psicologico, per le diverse implicazioni che possono avere nella vita di una persona, condizionandone il modo di esprimersi e di ascoltare gli altri. Per chi ama lo stile prolisso e dettagliato, ovviamente, il formato proposto dalle storie a puntate è troppo ghiotto per lasciarselo sfuggire. Spetta però alla minoranza fare un po' di critica, quindi voglio far notare che costruire una trama, per esempio quella di un film, e riuscire a farla svolgere in un tempo ragionevole, iniziando e terminando la storia in un unica "puntata", richiede un'abilità superiore nel selezionare le scene da mostrare. Certe storie a puntate sembrano non avere per niente l'obiettivo di arrivare a una conclusione, ma l'attenzione del pubblico non può mica durare in eterno: ecco che allora si introducono ad hoc dei colpi di scena, qualche personaggio principale viene fatto sparire e se ne introduce qualcuno nuovo. Forse dovrebbe essere considerato di più il valore che la conclusione può dare a una bella storia, ma purtroppo le belle storie, una volta terminate, hanno un impatto sul pubblico e sui profitti di durata limitata. Credo che questa sia una delle principali ragioni che hanno portato al diffondersi dei sequel prima e successivamente delle serie a puntate. Fino a poco tempo fa, ogni film di un certo successo poteva aspirare a riproporre i personaggi principali in un seguito o due, aumentando gli incassi. Il diffondersi delle storie a puntate probabilmente rappresenta l'evoluzione e il miglioramento di questo concetto, un evoluzione che forse porterà alla scomparsa del sequel: immagino che se Rocky fosse stato girato ai giorni nostri, avremmo avuto un solo film seguito da una serie a puntate.
Termino la mia riflessione con un interrogativo: se si intrattengono le persone con storie infinite, non è che queste finiranno per condizionare il loro modo di esprimersi?
Non è che in breve ci troveremo sommersi da discorsi infiniti, inconcludenti e annoianti? Questa ovviamente è una provocazione, ma non è da trascurare l'influenza che hanno i media sul modo di esprimersi individuale.



mercoledì 27 febbraio 2019

Un turbine di social-politica

Da quando in Italia abbiamo il governo "giallo-verde", formato da politici che hanno una certa confidenza con internet e i social-network, si ha l'impressione che su questi ultimi l'argomento predominante sia diventato il dibattito politico. Ovviamente, trattandosi di social, prevale lo stile "quel che mi gira in testa, quello scrivo", tanto decantato per la sua spontaneità quanto criticato per la poca attendibilità delle fonti.
In buona sostanza, dopo anni passati a discutere di calcio o trasmissioni televisive ad alto livello di audience, sembra che ogni persona dotata di dispositivo mobile connesso alla rete debba dover dire la sua pro o contro chi governa. Questi commenti danno poi origine a interminabili polemiche che tendono a degenerare in insulti triviali che, a volerli leggere tutti, possono far spavento a qualche anima bella. Bisogna però evitare facili paure, basti pensare che si tratta di insulti sparati da persone vili che si sentono al sicuro grazie al rapporto con le loro vittime mediato dalla rete e, proprio per questo, si sentono in diritto di fare offese personali. La polemica tuttavia è una delle cose che muove i social, assieme alla pubblicità; Fare polemica poi piace tanto agli italiani, lo dimostra il seguito delle numerose trasmissioni televisive incentrate su questa attività: i talk show sulla politica, sul calcio e sul nulla. Ecco perché, a mio parere, anche in rete si va affermando lo stesso modello di discussione. Un modello che, sia detto, non porterà vantaggio a nessuno: se infatti utilizzare le potenzialità della rete per denunciare fenomeni negativi può servire a sensibilizzare l'opinione pubblica, montare una polemica su un argomento politico, con l'intento un po' ingenuo di "capire chi ha ragione", rischia di ottenere l'effetto di allontanare dalla discussione tutte le persone con un minimo di competenza in materia. Ecco perché molti di questi dibattiti in rete somigliano a discorsi fra cretini!
Alcune figure che formano l'attuale governo fanno largo uso dei social, alcuni di loro in modo esagerato, postando i loro bei pensierini ogni giorno, quasi a fare apposta per scatenare putiferi virtuali. Alcuni di questi post sono quasi commoventi, per la presunta ingenuità o deficienza di chi li scrive, tant'è che l'opposta fazione li trasforma rapidamente in satira. Queste prese in giro sono anche brillanti e fanno rapidamente il giro dei social, si vede che sono il prodotto di menti dotate di profonda arguzia... Menti che sarebbe molto più bello però vederle proporre una vera alternativa politica, piuttosto che mettere tutto il loro impegno nel seguire con assiduità i post dei loro avversari per poi sbeffeggiarli. La satira sicuramente è una nobile attività, ma non aiuta a creare l'alternativa politica. E quando una satira anche brillante diventa rimbombante, perde molto del suo smalto e non la si distingue troppo dalle polemiche truculente della social-politica.