La difesa dell'ambiente e la riduzione dell'inquinamento sono argomenti ampiamente trattati dai media ogni santo giorno, tant'è che a sentir ripetere sempre gli stessi concetti e le stesse parole d'ordine ci si infastidisce pure. Adesso poi i media impazziscono per Greta Thunberg e i suoi continui ammonimenti sul cambiamento climatico in corso, bombardandoci di ulteriori informazioni, in genere in chiave catastrofista, su questo fenomeno.
Vista così la cultura ambientalista appare all'uomo della strada come una delle solite scuse per obbligarlo a pagare oneri aggiuntivi quando utilizza l'auto, o a catalogare scrupolosamente in base al materiale ogni rifiuto che deve buttare. Una cultura che magari può sembrare più adeguata allo stile di vita di star holliwoodiane ricche e annoiate, piuttosto che a quello di chi lotta ogni giorno per trovare parcheggio e arrivare in orario al lavoro.
In Italia si è incominciato ad essere sensibili verso questo tema verso gli anni '70 e io, che sono nato nel 1979, appartengo a una generazione che è stata sensibilizzata verso il tema della difesa dell'ambiente sin dalla più tenera età.
Mi ricordo abbastanza bene com'erano le abitudini a quei tempi, in fondo neanche troppo lontani: molti buttavano le immondizie direttamente per terra, noncuranti dei cestini (che erano più scarsi e si riempivano subito fino all'orlo), gente che aspettava in macchina tenendo il motore sempre acceso, la benzina rossa che conteneva piombo, corsi d'acqua cittadini che erano poco differenti da fogne a cielo aperto. Se penso a tutto ciò, mi accorgo che un po' di abitudini sono cambiate in meglio, ma qual è poi l'effetto sull'ambiente in generale?
Ho sempre abitato in un quartiere periferico nella parte sud di Milano, il Vigentino, situato ai confini tra città e campagna. Non si tratta di un "quartiere dormitorio", come molti di quelli sorti nel dopoguerra, ma di un quartiere che, sebbene a prima vista possa sembrare anonimo, ha una storia plurisecolare.
Il suo territorio è attraversato dalla Roggia Vettabbia, un canale navigabile di origine antichissima che faceva parte delle vie d'acqua un tempo utilizzate per il trasporto delle merci, caratterizzanti il paesaggio di Milano fino al loro progressivo interramento, avvenuto nel corso del XX secolo. La Vettabbia si origina dalla cerchia dei navigli e scende verso sud, attraversando i quartieri di Morivione e Vigentino, dove gran parte del suo percorso è ancora a cielo aperto. Di questo corso d'acqua ho potuto osservare, nel corso degli anni, il progressivo cambiamento delle condizioni ambientali, che vorrei prendere a dimostrazione pratica degli effetti della cultura ecologista (e di tutti gli annessi e connessi) sull'ambiente che ci circonda. Aggiungerò anche alcune immagini per rendere il tutto più evidente.
Il corso della Vettabbia è stato oggetto di inquinamento con sversamenti da parte delle vicine industrie e abitazioni, tant'è fino ai primi anni 2000 era un corso d'acqua color marroncino e dall'odore terribile (foto n.1). La fauna lungo il suo percorso era rappresentata da poche anatre coraggiose, molti gabbiani che si radunavano nei pressi dello stabilimento Sandoz (l'attuale Mipharm) e gli immancabili topi di fogna. Con la fine degli sversamenti e la messa in funzione del depuratore di Nosedo nel 2003 le cose sono iniziate a migliorare. Per prima cosa si è assistito al cambiamento del colore delle acque, dal marroncino al quasi trasparente. Il letto e le rive della roggia erano pieni di rifiuti di ogni sorta, dai sacchetti di plastica a resti di oggetti non meglio identificati, a testimoniare che per diversi anni il corso d'acqua era stato usato in tutto e per tutto come una discarica. Soltanto un lieve miglioramento quindi, ma sufficiente a convincere un maggior numero di anatre a popolare il corso d'acqua, attratte dal prosperare delle piante acquatiche (foto 2 e 3). In compenso se ne andarono i gabbiani, che erano attratti invece proprio dai rifiuti organici provenienti dagli sversamenti fognari.
Prima che la qualità dell'acqua tornasse a livelli tollerabili per la vita acquatica ci vollero alcuni anni, prima sono arrivate le rane e poi, verso il 2008/2009, sono comparsi i pesci, che attualmente popolano in gran numero la roggia. Al momento la fauna ittica è costituita prevalentemente da cavedani (foto n.4), pesci che resistono molto bene all'inquinamento. Si può pertanto ipotizzare che la qualità dell'acqua non sia ancora a livelli ottimali, considerato anche il collegamento della Vettabbia con altri corsi d'acqua della cerchia dei navigli, nei quali è presente una fauna ittica molto più varia.
I topi di fogna sono spariti, mentre è comparso un altro mammifero acquatico, d'importazione stavolta: la nutria. Sebbene a molti non stia simpatica, ha il pregio di non diffondere malattie come il precedente inquilino. Alle anatre, tutte della specie germano reale, si sono aggiunte alcune gallinelle d'acqua (foto n.5) e, da poco tempo, il corso d'acqua viene visitato da alcuni aironi cenerini e altri uccelli affini, come la garzetta (foto n.6 e 7), uccelli di buone dimensioni e appariscenti, che attirano l'attenzione dei passanti. Nel complesso il corso d'acqua appare in via di continuo miglioramento, tant'è che lungo il suo corso urbano sono stati costruiti parchi e nuovi complessi residenziali. Oltrtepassato il quartiere del Vigentino, la roggia attraversa un'area ancora rurale molto più ricca di flora e fauna, attorno alla quale è stato istituito il Parco della Vettabbia (foto n.8), un posto ideale per fare una passeggiata nel verde a poca distanza dalla città.
Le cose sembrano quindi cambiate in meglio, almeno se osservate dal mio punto di vista: passando oggi vicino alla Vettabbia, vedo uno scorcio di natura inserito nell'ambiente urbano, dove ai "bei vecchi tempi" c'era invece solo una fogna.
Foto 1: la roggia Vettabbia nel 1990: acqua sporca e rifiuti sulle sponde |
Foto 2: le piante acquatiche hanno ripreso a prosperare |
Foto 3: famiglia di anatre |
Foto 4: il cavedano è la specie di pesce più diffusa nella roggia |
Foto 7: una garzetta perlustra le acque in attesa della preda |
Foto 8: laghetto nei pressi del depuratore di Nosedo, nel Parco della Vettabbia |