giovedì 21 marzo 2019

Perchè l'Europa?

Negli ultimi anni l'idea di unità europea è stata oggetto di numerose critiche, che si sono accanite particolarmente contro alcuni dei risultati a cui quest'idea ha portato: integrazione economica, moneta unica, nessuna barriera al traffico di merci e persone.
Numerosi movimenti popolari hanno messo in atto proteste contro queste cose, viste di volta in volta come dannose per la società e le economie nazionali o addirittura come il frutto di un complotto della Banca Centrale Europea, un organizzazione additata come simbolo delle oligarchie che governano l'Europa.
Queste proteste hanno portato come risultato più evidente alla vittoria degli antieuropeisti nel referendum per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, la famosa Brexit.
Ma l'influenza del pensiero antieuropeo non si ferma a questo: rimasto recluso per lungo tempo in partitini e movimenti di nicchia negli anni dei trionfi europeisti, ora che ha ottenuto visibilità e sostegno cerca di portare la sua influenza in ogni ambito. Gli antieuropeisti vengono agevolati nella loro ascesa proprio dalle scelte di politica economica dell'Unione Europa, le quali tendono a essere intrinsecamente impopolari o peggio, antipopolari: questo perché chi le decide parte dall'idea errata che l'unione economica sia già un dato di fatto;
In realtà la costruzione di un economia comune è a mio parere appena cominciata: vi sono molti ambiti, in primis il settore agricolo, dove l'unione economica è tutt'altro che raggiunta. In alcune situazioni le controverse normative comunitarie hanno danneggiato le produzioni locali, ponendo severe limitazioni, mentre in altrettanti casi le stesse normative hanno favorito l'invasione dei mercati da parte di prodotti dal basso livello qualitativo.
Mi vengono in mente le infami quote latte, che portarono gli agricoltori a inscenare proteste dove il latte veniva gettato per strada. Tanto spreco di prodotti in un mondo che, per buona parte, muore ancora di fame.
Come norma europea, quella di porre limiti alle produzioni locali è emblematica per dimostrare come l'Unione sia ancora fondata sugli equilibri di forza tra le varie nazioni al suo interno, piuttosto che dall'idea di ottenere benefici per tutti: ciascun paese è interessato a tutelare le sue produzioni a danno di quelle degli altri e, in base a quanto è forte a livello comunitario, riesce a strappare norme più o meno favorevoli.
E' facile immaginare che nel settore agricolo non abbondino i sostenitori dell'Unione.
Se si guarda la storia recente dell'Unione Europea, si intravedono due grandi trionfi seguiti da quello che sembra un inesorabile declino. Il primo grande momento storico è la nascita della moneta unica: l'Euro, progetto che era in cantiere da molto tempo prima della sua nascita ufficiale nel 1999. Già negli ultimi decenni della guerra fredda infatti, quando l'Europa era ancora divisa in due, si era ipotizzata una valuta comune di riferimento per redigere i bilanci dell'allora Comunità Europea. L'idea era stata implementata e aveva trovato realizzazione in quella che era stata denominata ECU (european curency unit), unità di conto che era basata sulla media ponderata delle valute nazionali dei paesi membri. Col tempo l'ECU divenne una vera e propria valuta, destinata dal Trattato di Maastricht del 1993 a sostituire le singole valute nazionali. Il che avvenne puntualmente nel 1999, con la fissazione dei tassi di cambio e l'istituzione dell'Euro. Caso molto strano per una moneta nata anche con lo scopo di tenere sotto controllo l'inflazione, appena dopo la sua introduzione si è assistito a un generalizzato aumento dei prezzi, a seguito di "arrotondamenti" un po' arbitrari. Tuttavia il successo dell'Euro sul piano internazionale è innegabile, tant'è che in molti paesi fa concorrenza al dollaro come valuta pregiata per le grosse transazioni. La stabilità della moneta è garantita dagli organi di controllo che impongono severe limitazioni alle scelte di politica economica degli stati membri, problema che emergerà pochi anni dopo con la crisi economica del 2008, quando queste limitazioni appariranno estremamente punitive verso alcuni paesi, rallentandone di fatto la crescita. Guardando la storia della moneta unica, sembra quasi di vedere la storia di quelle iniziative a cui tutti aderiscono con idealistico entusiasmo, senza star troppo a pensarci su, salvo poi tirarsi indietro e lasciare che l'impresa venga guidata da altri.
Altro grande caposaldo dell'Unione Europea è stato il suo allargamento progressivo verso i paesi dell'ex blocco orientale. Nel corso della storia vi furono diverse nuove adesioni agli organismi comunitari, ma le più controverse furono quelle del 2004 e del 2007, che portarono all'adesione in blocco di diversi nuovi paesi: Repubblica Ceca, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Slovenia, Malta, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania e Bulgaria. Fu un traguardo storico in particolare per gli stati che avevano fatto parte dell'ex Patto di Varsavia, che vedevano nell'adesione all'Unione Europea un simbolo della loro nuova identità politica.
Tuttavia la situazione economica di questi paesi era destinata ad avere un impatto non indifferente sui vecchi membri: costi di produzione e del lavoro più bassi hanno dato vita a una feroce concorrenza interna, che ha visto diverse grandi aziende chiudere per spostare i loro stabilimenti nei nuovi membri dell'Unione, con pesanti conseguenze sui livelli di disoccupazione dei paesi con i costi di produzione più alti.
Questi fattori negativi, combinati con una situazione economica mondiale non certo favorevole, hanno influito sui livelli di euroscetticismo, portando voti ai movimenti antieuropeisti di impronta nazionalistica. Altri movimenti, pur non dichiarandosi contrari all'Unione, ne hanno criticato le scelte di politica economica. Il culmine della crisi lo si è avuto a causa di influenze esterne, con l'ondata di immigrazione clandestina che ha avuto origine dalla destabilizzazione del mondo arabo, in particolare a causa delle guerre in Libia e in Siria. L'impossibilità di gestire il fenomeno da parte dei singoli governi ha portato a un miserevole rimpallo di responsabilità fra un paese membro e l'altro. Intanto la gente, alla vista di questa masnada di disperati, ha iniziato a credere a chi gridava all'invasione, vale a dire gli stessi movimenti nazionalisti antieuropeisti di cui si è parlato prima, facendone lievitare ancora di più i voti e portandoli in alcuni casi al governo.
Il colpo finale (forse?) lo ha dato l'uscita del Regno Unito, un paese che, pur avendo sempre avuto una partecipazione poco convinta alle istituzioni europee, negli ultimi decenni sembrava essere sulla strada verso una partecipazione sempre più attiva.

Dopo aver fatto queste premesse, vorrei esprimere il mio punto di vista sull'Europa, e sui motivi per i quali, a mio parere, dovremmo partecipare ancora di più alla sua costruzione. Visti i punti negativi che ho elencato, sembra quasi un controsenso sostenere l'idea dell'unità europea, ma esaminare gli errori è assolutamente necessario per far ripartire un buon progetto che  incontra delle difficoltà nella sua realizzazione.
Guardando alla scena politica mondiale, si nota che esistono solo tre grandi paesi che possono permettersi di fare oggigiorno quello che viene sostenuto nei progetti politici dei "sovranisti": Stati Uniti, Russia e Cina. Questi paesi costituiscono le più grandi economie mondiali, oltre ad essere le prime potenze militari, dotate di armamenti nucleari. Hanno in pratica la forza politica, economica e militare per fare quello che vogliono sul piano internazionale. E lo fanno.
I paesi europei, pur collocandosi nelle statistiche economiche mondiali appena sotto alle superpotenze, non hanno in realtà lo stesso impatto di queste sulla scena internazionale. Se l'Italia uscisse dall'Unione Europea e decidesse di "fare a modo suo", potrebbe fare in realtà molto poco. I paesi europei risentono anch'essi dell'influenza che viene esercitata da Stati Uniti, Russia e Cina. Quando il presidente degli Stati Uniti decide di applicare sanzioni economiche contro un altro paese, quasi sempre i paesi europei si accodano, anche quando questo va contro ai loro interessi economici verso il paese colpito. Non possono rischiare di fare uno sgarbo verso gli Stati Uniti, perché questo comporterebbe svantaggi più grossi. 
Essere un soggetto più grande, più forte e più influente sulla scena internazionale, presenta indubbiamente il vantaggio di una maggiore indipendenza dalle scelte altrui. Uno degli scopi dell'integrazione europea è appunto questo, la creazione di una grande entità politica in grado di esercitare un ruolo più importante e autonomo in tutti gli ambiti di politica internazionale. Questo progetto è la nemesi dei nazionalisti, contrari a ogni tipo di limitazione delle prerogative degli stati nazionali, ma bisogna constatare che nel nostro continente il nazionalismo e l'idea di stato nazionale, pur avendo in passato (secoli XIX e XX) accompagnato la modernizzazione e il progresso dei nostri paesi, hanno ormai esaurito il loro compito storico e debbono essere necessariamente sostituite dal punto di vista ideologico e politico, con la ridefinizione dell'idea di "patria" e la creazione del famoso "superstato".
Un governo unico europeo potrebbe tutelarci meglio, per esempio, dalla concorrenza economica della Cina, applicando dazi o trovando accordi commerciali migliori grazie al fatto di rappresentare da solo tutto il mercato europeo. Le aziende europee, soprattutto  quelle legate al mercato interno, ne avrebbero dei vantaggi immediati, così come l'occupazione.
Le differenze di condizioni economiche tra i paesi membri dell'Unione verrebbero appianate grazie a una giurisprudenza omologata, con delle tipologie contrattuali universali a cui fare riferimento per la tutela dei lavoratori.
Con un governo europeo, si avrebbero dei rappresentanti eletti per prendere le decisioni che ci riguardano e questo, pur con tutti i limiti della democrazia rappresentativa, sarebbe estremamente meglio di quel che avviene adesso, con le scelte di politica economica delegate a consigli di tecnici che non devono rendere conto all'opinione pubblica.
Un governo unico forse non riuscirebbe a contrastare l'attuale esodo degli immigrati, ma sicuramente avrebbe maggior efficacia nell'impedire o limitare futuri problemi di instabilità nei paesi vicini all'Europa, causa principale delle ondate migratorie. 

In un mondo dominato dai giganti, queste sono solo alcune delle motivazioni per cui va continuato il percorso verso una vera Unione Europea. Abbandonare il progetto e pensare che sia meglio restare piccoli, per quanto nel breve periodo possa sembrare una scelta volta a tutelare la nostra indipendenza, a lungo andare finirebbe per farcela perdere del tutto.   












  

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